18 settembre 2015

Il Don Chisciotte che c’è in noi



Un altro anno di sfide e di impegno condiviso al Centro Parrocchiale di Santa maria in Silva di Brescia.
Volontarie e volontari tornano in campo. Ecco come inizia l'avventura nelle parole di Elena...

C’era una volta un cavaliere, anzi no, non lo era ancora.
C’era una volta un ragazzo che divenne cavaliere. Ma non pensate a quelli con la spada e il destriero.
Questa si dice sia la sua storia.
Di cavalieri aveva solo sentito parlare, ne aveva letto in libri ormai ricoperti da uno strato di polvere. Si era imbattuto in essi per caso, riscoprendo un passato meraviglioso fatto da ideali, da stupori, da slanci folli. Aveva scoperto un mondo di uguaglianza, di libertà, di opportunità, dove ogni uomo era autore del suo destino. Dove non importava se tu fossi bianco, nero, rosso o turchino, l’importante era mettercela tutta per segnare il proprio cammino. Non centrava nemmeno tanto essere ricco o povero. Potevi riscattarti; questo contava: la tua VOLONTA’ a farcela. Sì, ce la posso fare! E non c’era nessuno che doveva spronarti in questo, era l’aria intorno a te che te lo suggeriva, era il desiderio profondo che sapevi ascoltare dal tuo cuore a convincerti.
Belle favole! Girato l’angolo della biblioteca con i vecchi volumi pieni di ideali, ecco un gruppo di bambini. Occhi a mandorla, capelli crespi, lunghe trecce nere, turbantini colorati in fila due a due guidati da una maestra all’ uscita da scuola. Nei loro zaini tabelline, testi di antologia, dialoghi in inglese e schemi di scienze. Un frullato di sapere.
I genitori li stavano aspettando davanti al cancello. “Mamma mi aiuti a fare il compito di geografia?” “Papà, ma lo sai che è la Terra che gira in torno al Sole e non lui che si muove?” “La maestra ha detto di portare delle riviste domani a scuola, tu sai cosa sono? Le abbiamo a casa?”.
Il ragazzo vide negli occhi di quei genitori una vena di disorientamento e di impotenza di fronte alle richieste dei loro figli. La ricchezza che i bambini portavano a casa da scuola era diversa da quella che avevano portato dal loro Paese. In più, mancava a questi genitori la chiave della lingua, per trasformarsi in dizionari viventi dei loro figli. “Ma mamma, cosa significa…?”
Giustizia, uguali opportunità. Questi ragazzi, oltre alla scuola che opportunità avevano?
E fu così che il ragazzo divenne cavaliere, si lanciò nel sogno matto di voler riscattare questi bambini, per quegli ideali che aveva letto e in cui, in fondo, in fondo, sperava. Ma non lo fece da solo, radunò intorno a sé un esercito di cavalieri che si battevano per questa causa.
Le loro armi erano la pazienza, le conoscenze e l’inventiva. Un poco alla volta, iniziarono a affiancare questi bambini nel labirinto dei compiti pomeridiani, tra schiamazzi e cancellature.
Ma le battaglie perse erano tante. Molti consideravano inutile l’opera “folle” di questi intrepidi cavalieri.
Il nostro eroe si chiese se questa impresa poteva essere davvero portata a termine. Ci sarebbe stata una fine a questa ingiustizia?
Non sapeva ancora che la battaglia più grande l’aveva già vinta: aveva sfondato la cinta del CUORE di quei ragazzi.
È per questo che vale la pena di OSARE e continuare ad aggiungere la nostra goccia al mare.
Si sa mai che faccia nascere qualcosa di più.

Mi permetto di aggiungere alle parole di Elena, quelle che ho già scritto su questo blog qualche tempo fa:
Il vento e la pioggia spostano granelli, ma alla fine le montagne cambiano posto.


30 gennaio 2015

Riprendiamoci le Lettere con le mani

Mail Art. Periodicamente la mail art gode di fasi di successo che si alternano a pause di minore popolarità. La definizione che ne dà il dizionario Hoepli online si è imposta in tutto il web: «Pratica artistica d'avanguardia che consiste nell'inviare per posta a uno o a più destinatari cartoline, buste, e sim., rielaborate artisticamente». AVANGUARDIA, dunque sperimentazione ed innovazione, in antitesi con la tradizione e l’omologazione. Non ci si aspetterebbe una connotazione così vigorosamente dinamica per una forma di espressione artistica nata agli inizi del secolo scorso. Eppure proprio nel momento storico in cui la comunicazione risulta definitivamente sciolta dai supporti fisici che ne sorreggono la presenza, gli spiriti liberi ed anticonformisti sentono più urgente l’esigenza di dare testimonianza materiale alla comunicazione ormai universalmente virtuale.

Finora la mail art è stata prevalentemente considerata come forma di espressione artistica. Credo che la sua valutazione meriti di essere riconsiderata in modo più integrato.

Ricordo di avere letto un racconto di fantascienza che descrive un futuro in cui un ragazzino stupisce la comunità degli scienziati per essere in grado di eseguire calcoli a mente, attraverso uno strano sistema da lui stesso inventato. Diamine: i calcoli li fa il calcolatore, come comprova il termine stesso! Nessuno è più in grado di eseguire una semplice moltiplicazione. Lo stupore cede il passo alla curiosità e si torna allo studio delle tabelline come raffinato esercizio di cultura.

Nell’Ottocento la Calligrafia era materia curricolare d’insegnamento nella scuola elementare.
(articolo “Quando s’insegnava nelle scuole italiane la Bella Scrittura”)
http://blog.giofugatype.com/?p=2714

Una maestra che svolgeva una ricerca sull’insegnamento della scrittura in Italia ha recentemente posto ad un’anziana insegnante la domanda: «Come insegnava a scrivere in corsivo?». L’illuminante risposta è stata: «Una volta si insegnava a scrivere solo in corsivo». Nella scuola italiana, lo studio del corsivo si affronta invece attualmente in una fase relativamente avanzata, solo dopo avere consolidato la padronanza dello stampatello.

Il famoso discorso di Steve Jobs all'università di Stanford (Siate affamati, siate folli!) contiene un importante riferimento allo studio della calligrafia, che credo valga la pena di rileggere.
(testo del discorso di Steve Jobs a Stanford tradotto in italiano)
http://www.viasetti.it/ildiscorsodistevejobs-stanford.htm

L’abbandono di abilità manuali acquisite dall’umanità nel corso di millenni, produce probabilmente l’inaridimento di aree cerebrali e connessioni neuronali un tempo molto attive, forse a favore della maggiore efficienza di altre, funzionalmente più utili nelle nuove realtà, ma sempre di perdita si tratta. Perché invece di fondare lo sviluppo sulla sostituzione, non si può pensare in termini di incremento?

Il collegamento tra il gesto della scrittura e lo sviluppo del cervello è oggetto di varie ricerche ed argomento di riflessione nel libro “Demenza digitale” dello psicologo e neuroscienziato Manfred Spitzer.
(articolo CALLIGRAFIA ADDIO? di Ana Millán Gasca)
http://pensareinmatematica.blogspot.it/2014/03/calligrafia-addio.html

Va probabilmente considerata con attenzione la tendenza ad introdurre la scrittura digitale come apprendimento esclusivo, fondato sul presupposto che in futuro nessuno più scriverà con uno strumento tradizionale a pigmento su supporto fisico. In questa direzione didattica il sistema educativo finlandese, ritenuto uno dei più avanzati al mondo, si è già mosso in modo decisivo.
(articolo Finlandia: imparare a scrivere a mano non sarà più obbligatorio)
http://www.repubblica.it/esteri/2015/01/13/news/finlandia_-104871272/

Pretendere di insegnare ai piccoli l’apprendimento di una competenza senza finalità è verosimilmente un’illusione. Se invece la scrittura a mano diventa un gioco gratificate e un’opportunità di crescita nello scambio di emozioni, idee e stimoli, le probabilità di successo crescono in modo evidente.

Alcune/i insegnanti di scuola primaria se ne sono resi conto ed hanno iniziato a proporre questa attività con successo: scrivere cartoline, fabbricarle, decorarle rendendole vive ed uniche, affrancarle, spedirle… FARE finalmente con le mani, in un mondo in cui anche il gioco sta diventando prevalentemente virtuale e spersonalizzato.

L’opportunità educativa offerta da quella che, a questo punto, non è più semplicemente il divertimento creativo di un artista colto, dovrebbe risultare indiscutibilmente evidente.
Le riflessioni che sto proponendo in questo breve contributo sono nate per effetto degli stimoli germogliati dalla nascita di un gruppo di amici appassionati di immagini fotografiche analogiche.

L’idea originaria è quella di inviarsi vicendevolmente per via postale, materiali, saluti, pensieri, fotocartoline d’epoca e vere fotografie argentiche. Qui di seguito una sintesi delle indicazioni che si è dato il gruppo FaceBook, per ora “segreto” ;-)

«Questo gruppo nasce con l'intento di radunare una piccola, ristretta comunità nella quale noi appassionati di fotografia analogica possiamo scambiarci, tramite la posta ordinaria (quella con il francobollo per intenderci) immagini, tracce, frammenti e ritagli.
Mi immagino che ai pezzi di carta che usiamo nella camera oscura anche solo per fare delle prove di esposizione appiccichiamo un francobollo, un indirizzo una frase un saluto una formula segreta di sviluppo e lo spediamo per posta.
Ma non solo anche negativi di carta, provini, stampe a contatto, negativi, polaroid. Ma pure immagini trovate ad un mercatino delle pulci.
Tutte cose però che siano originali unici. Non frutto di una stampa digitale e quindi riproducibile infinite volte.
Una traccia del nostro lavoro della nostra passione un omaggio che facciamo agli altri.»

Non per caso questo progetto è nato tra i cultori della fotografia argentica, riscuotendo subito l’apprezzamento degli appassionati di Pinhole Photography e Collodion Photography. Si tratta di fotografi che adorano creare con le mani, gli occhi, la testa ed il cuore, controllando fisicamente ogni aspetto della catena di produzione grafica.

Il mio personale auspicio è che, a partire dai più piccoli, si torni a scoprire la meraviglia dell’interazione e della comunicazione fisica.

Bambini, giovani e vecchi fotografi, amici liberi dall’omologazione digitale e dallo spirito indipendente e creativo: riprendiamoci le Lettere.