18 giugno 2011

Idee dalla Spagna

Una cara amica manda su FaceBook, dalla Spagna, tre foto riprese con il cellulare.

Una storica piazza di Saragozza invasa dalle coloratissime tende degli INDIGNADOS che la occupano.

La foto di un cartello che spiega…

Cosa non è il femminismo:
1) NON è il contrario del machismo
2) NON è una lotta contro gli uomini
3) Non è una lotta solo di donne
4) Non è un movimento che esclude
5) Non è una nuova invenzione
6) NON è una moda né una tendenza
7) NON è una lotta di donne frustrate
8) NON è repressione, ma liberazione
9) Non è una lotta del passato

La foto di un altro cartello che dice…

Perché siamo qui e perché siamo indignati

Piattaforma 15 M

1) Riforma elettorale, più democrazia a livello nazionale
2) No all’energia nucleare
3) Riduzione delle imposte per tutte le rendite al di sotto dei 40.000 euro annui
4) Ristabilimento dell’imposta sul patrimonio
5) Ristabilimento dell’imposta sulle successioni oltre i 100.000 euro
6) Creazione di un milione di posti di lavoro nella sanità, educazione e aiuto alle dipendenze
7) Creazione di un milione di posti di lavoro nelle imprese produttive
8) Creazione di una banca pubblica
9) Nessun salario pubblico al di sopra dei 60.000 euro all’anno
10) Salario minimo interprofessionale di 1000 euro al mese
11) Pensione minima di 1000 euro al mese
12) Nessun dipendente pubblico può lavorare per una impresa privata
13) Gli ex presidenti governatori debbono restituire la pensione vitalizia se ricevono soldi da altre fonti
14) 35 ore settimanali di lavoro
15) Prigione per gli imprenditori che tengono lavoratori senza dichiararli
16) Pensione a 65 anni o 35 anni di contributi
17) Chi ruba denaro pubblico venga giudicato come terrorista
18) Proibizione totale degli straordinari ed aumento degli ispettori del lavoro affinché si osservi la legge.

04 giugno 2011

Camere a gas e campi di sterminio: una realtà attuale

Sono rimasto molto colpito dalle parole di Agostino Zanotti che spiegava come germoglia il seme dell’odio razziale. La sua riflessione parte dalla pulizia etnica in Bosnia-Erzegovina per giungere fino alle parole ed alle azioni di chi semina rancore ed intolleranza qui, oggi, nella pianura padana.
Ho purtroppo compreso che i campi di sterminio sono una vergogna ricorrente della razza umana.
Riporto un pensiero non mio: “Il ventre che partorì la cosa immonda è ancora fecondo".
Quando ricordiamo i campi di sterminio nazisti non compiamo un’operazione di semplice rievocazione storica.
Non si tratta di tenere memoria di eventi e tragedie destinate ad affondare nelle nebbie della storia, ma di un dovere educativo che siamo chiamati a tener vivo.
I campi di sterminio non hanno chiuso nel 1979 (campo S-21 di Tuol Sleng, Cambogia). Non hanno chiuso nel 1992 (Omarska camp, Bosnia Erzegovina)

Oggi, nel momento in cui io scrivo e tu leggi, bambine e bambine, donne e uomini di ogni età continuano a morire nei campi di sterminio sparsi sulla faccia della terra.
Nel continente africano ed in quello asiatico sono tuttora in attività diversi campi di sterminio.
Dalla lettera di trasferimento di un prigioniero politico cambogiano: “la persona di cui sopra è trasferita al… Campo 22 allo scopo di sperimentazione umana di gas liquidi per armi chimiche”.

la comunità mondiale non vede e non sente.
D’altra parte, che fare?
Andiamo anche lì a liberare con i bombardamenti, come in Libia e troppi altri posti?
Dunque non resta che pregare, scrive e condividere informazione.
Riporto qui due testimonianze a cura di Marco Nardelli, tratte dal gruppo FaceBook “SAVE NORTH KOREA” . Mi è sembrato di tornare a leggere le strazianti testimonianze che mi hanno sconvolto nei libri che parlano dei campi di concentramento nazisti e le insopportabili testimonianze di tortura e di morte di Cambogia e Bosnia-Erzegovina.

Se non sei pronto a prendere coscienza di quanto male è ancora capace l’uomo, dopo i campi di sterminio nazisti, non leggere oltre questa riga.
I contenuti potrebbero apparire eccessivamente crudi e violenti per le persone particolarmente sensibili
.



Più di 200mila persone, compresi donne e bambini accusati di "reati politici", sono rinchiusi nei campi di prigionia nordcoreani, secondo le stime dell'Osservatorio sui diritti umani delle Nazioni Unite. Il regime semifeudale di Kim Il Sung prima, e quello di suo figlio Kim Jong Il dopo, hanno sempre negato l'esistenza di questi luoghi di detenzione. Nonostante le testimonianze dei sopravvissuti come Hae Nam Jl, e le foto satellitari pubblicate di recente dalla "Far eastern economic review" che ne confermano per la prima volta l'esistenza.
Esistono due tipi di gulag in Corea del Nord. I kwan-li-so, le colonie penali per i detenuti politici dalle quali è quasi impossibile uscire vivi. E i kyo-hwa-so, i campi di rieducazione a tempo. Colonie di lavori forzati "dove rendere migliori le persone" come recita la propaganda del regime.
Ogni anno, il 20-25% della popolazione internata nei gulag muore a causa delle disumane condizioni di lavoro e della mancanza di cibo (anche prima della crisi alimentare che ha colpito il Paese dalla metà degli anni 90). Uno squarcio in questo buco nero è offerto per la prima volta dalle testimonianze raccolte nel dossier "The Hidden Gulag" da Oavid Hawk, un veterano nella difesa dei diritti umani che ha già operato in Ruanda e nei Balcani.
I prigionieri politici dei kwan-li-so lavorano come schiavi nelle miniere, in aziende agricole, nelle falegnamerie, nelle fabbriche di armamenti. Sono addirittura usati come cavie negli esperimenti per la costruzione di armi chimiche. Le donne incinte, altro particolare emerso dalle testimonianze, vengono obbligate ad abortire per estirpare alla radice una nuova generazione di possibili dissidenti. E diversi testimoni hanno riferito di aver assistito a infanticidi: i figli "bastardi", nati dalle relazioni-baratto tra cinesi e nordocoreane in cerca di cibo oltrefrontiera. Appena nati i bambini vengono uccisi dalle guardie dei gulag per una sorta di pulizia etnica in salsa asiatica.
"I nemici di classe, chiunque essi siano, devono essere eliminati per tre generazioni" era l'ordine di scuderia del condottiero Kim Il Sung. Così, intere famiglie di dissidenti, per tre generazioni, sono finite in un campo di prigionia per una semplice denuncia, sulla scorta della delazione, senza alcun processo. Chol Hwan Kang è uno di questi. I suoi nonni, ricchi imprenditori coreani-giapponesi, alla fine degli anni 50 decidono di rimpatriare per contribuire alla costruzione del socialismo in Corea del Nord. Un giorno, il nonno scompare senza lasciare traccia. Qualche settimana più tardi l'intera famiglia Kang viene internata nel kwan-li-so numero 15 a Yodok. Il kwan-li-so numero 15 è l'unico tra i campi di prigionia politici che ha una sezione di rieducazione, dalla quale un piccolo numero di persone può sperare un giorno di uscire. Lui ha solo nove anni. Rimane nel gulag fmo a diciannove anni quando viene rilasciato senza spiegazioni. Come tanti ex detenuti è scappato dal suo Paese. Ha scritto un libro per raccontare la sua terribile esperienza (Les aquariums de Pyong-yang, edizioni Robert Laffont, Parigi, 2000) e oggi, a 36 anni, lavora come giornalista per "Chosun Ilbo Daily", il più diffuso quotidiano sudcoreano.
"Avevo dieci anni - racconta - quando fui messo a lavorare in un cantiere edile del campo di Yodok. Dovevamo costruire un palazzo. C'erano dozzine di bambini con me nel cantiere. Molti di loro crollavano dalla stanchezza o morivano in incidenti sul lavoro. I loro corpi venivano sepolti segretamente senza mostrarli ai parenti. Per combattere la fame andavamo a caccia di topi e serpenti. Ho fatto degli sforzi tremendi per riuscire a sopravvivere. Più volte l'anno c'erano delle esecuzIoni in pubblico. I condannati prima di essere uccisi venivano torturati. Non gli davano cibo e gli spezzavano le ossa delle braccia e delle gambe per farli diventare più leggeri da trasportare dopo la morte. I gulag sono simili ai campi di concentramento nazisti".
I primi campi di lavoro vengono creati subito dopo la seconda guerra mondiale per isolare i potenziali nemici della rivoluzione: proprietari terrieri, collaborazionisti dei giapponesi, leader religiosi e familiari di persone incarcerate dopo la divisione sovietico-americana del Paese in due. Altre purghe nel partito, dal dopoguena a oggi, coincidono con lo sviluppo del culto della personalità del leader nordcoreano, e poi di suo figlio Kim Jong Il. Da metà degli anni 90 c'è stato un crollo del sistema produttivo. E ai prigionieri politici si sono aggiunti i tanti detenuti dei campi di rieducazione, catturati perché espatriavano in Cina in cerca di cibo. La rieducazione consiste nella memorizzazione forzata dei discorsi di Kim Il Sung e di Kim Jong Il in sessioni di autocritica serale dopo un giorno di lavoro.
Si finisce nei campi di rieducazione anche per reati meno gravi come, per esempio, le transazioni economiche private o l'inefficienza dei dirigenti statali. Soon Ok Le è una ex dirigente statale e ha vissuto sette anni in un campo di rieducazione. "Sono stata imprigionata nel campo di pulizia mentale di Kaechon, nella provincia di Pyungbul, dal 1987 al 1993. Ero la dirigente dell'ufficio statale che controllava la distribuzione di cibo alla popolazione. Sono stata arrestata perché da quando l'economia del Paese era caduta in recessione il sistema di distribuzione non funzionava più: non c'era niente da distribuire".
Nel gulag di Kaechon sono rinchiusi 6mila prigionieri. "Le guardie ci dicevano: "Voi non avete diritti. Dovete pensare di essere delle bestie, degli animali altrimenti non sopravviverete". Per sette anni ho mangiato solo mais bollito e lavorato negli altiforni di un'acciaieria. Eravamo trattati davvero come bestie. Ho visto tante vittime, centinaia di morti uccisi dai test per le armi chimiche. Uscita dal campo, appena ho potuto sono scappata. La Corea del Nord è un inferno sulla terra. Non ci si può vivere".
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Marco Nardelli
Antony BARNETT Svelato l’orrore di una camera a gas in un Gulag nordcoreano (tratto da The Observer, 1.02.2004 (Traduzione: Alfonso Martone).

Una serie di scioccanti testimonianze sta facendo luce sul Campo 22 - uno dei più orribili segreti dello stato.

Haengyong è nell’angolo nord-est della Corea del Nord, nelle vicinanze del confine con Russia e Cina. Nascosta tra le montagne, questa piccola città è la base del Campo 22 - il più grande campo di concentramento della Corea del Nord, dove sono detenuti migliaia di uomini, donne e bambini accusati di crimini politici.

Ora, è noto anche che vi muoiono in migliaia ogni anno, e che le guardie della prigione marchiano il collo dei figli dei prigionieri per ucciderli.

Lo scorso anno testimonianze di prima mano da fuggiaschi nordcoreani avevano già fatto luce su uccisioni e torture; stanno ora emergendo agghiaccianti che le mura del Campo 22 nascondono un segreto ancora più diabolico: camere a gas dove si conducono orribili esperimenti chimici su esseri umani.

Dei testimoni hanno detto di aver visto intere famiglie messe in stanze di vetro per venir poi “gasate”. Sono state lasciate ad agonizzare fino alla morte, mentre gli scienziati prendevano appunti. Le prove fornite danno un’immagine ancora più scioccante di quella che si aveva del regime nordcoreano di Kim Jong-il.

Kwon Hyuk, che ha dovuto cambiare nome, era l’ex capo militare dell’ambasciata nordcoreana di Beijing. E’ stato anche capo del management del Campo 22. Nel documentario “This World” della BBC in onda stasera, Hyuk afferma che ora vuole far sapere al mondo cosa sta succedendo.

“Ho visto personalmente un test in cui un’intera famiglia è stata soffocata e uccisa coi gas, in una camera a gas”, dice. “I genitori, un figlio e una figlia. I genitori, pur vomitando e agonizzando, fino all’ultimo momento hanno tentato di salvare i bambini facendo loro la respirazione bocca a bocca”.

Hyuk ha tracciato diagrammi dettagliati della camera a gas che ha visto: “si tratta di un alloggiamento di vetro chiuso ermeticamente. E’ largo 3,5 metri, lungo tre, e alto 2,2; vi e’ un tubo che può iniettarvi gas all’interno. Normalmente una famiglia viene messa tutta insieme, mentre i prigionieri singoli stanno attorno agli angoli. Gli scienziati osservano l’intero processo dall’alto, attraverso il vetro”.

Spiega anche come ha potuto credere giustificato un simile trattamento. “All’epoca ritenevo che si meritassero davvero una morte simile, perché noi tutti venivamo indotti a credere che tutte le brutte cose che stavano avvenendo nella Corea del nord fossero dovute ai loro errori; e poi che eravamo poveri, divisi, e non facevamo progressi come paese”.

“Sarebbe la menzogna più totale per me dire che provavo almeno simpatia per i bambini che morivano di una morte così dolorosa. In quella società e sotto quel regime, sono convinto di essere stato il solo all’epoca a pensare che quelli erano nemici. Così, non sentivo alcuna simpatia o pietà per loro”.

La sua testimonianza è sostenuta da Soon Ok-lee, che è stata imprigionata per sette anni. “Un ufficiale mi ordinò di scegliere 50 prigioniere di buona salute”, dice. “Una delle guardie mi diede un cesto pieno di cavoli trattati; non per me, ma per darne a quelle 50 donne. Ne diedi loro e sentii urla da quelle che ne avevano mangiato. Gridavano tutte e vomitavano sangue. Tutte quelle che avevano mangiato le foglie di cavolo cominciarono a vomitare violentemente sangue, e a gridare per il dolore. Fu un inferno. In meno di venti minuti erano pressoché tutte morte”.

I fuggiaschi sono riusciti a portar fuori documenti che sembrano rivelare con quale metodicità si procedesse con esperimenti chimici. Uno, con su stampato “top secret” e “lettera di trasferimento” è datato febbraio 2002. Il nome della vittima è Lin Hun-hwa, un uomo di 39 anni. Il testo dice: “la persona di cui sopra è trasferita al… Campo 22 allo scopo di sperimentazione umana di gas liquidi per armi chimiche”.

Kim Sang-hun, un difensore dei diritti umani della Corea del nord, afferma che il documento è vero: “ha il formato nordcoreano, la qualità della carta è nordcoreana, ed ha un timbro ufficiale delle agenzie coinvolte con la sperimentazione su esseri umani. Un timbro che non possono negare. E riporta il nome della vittima, ed anche dove e perché e come queste persone sono state sottoposte ad esperimenti”.

Il numero di detenuti nei Gulag nordcoreani è sconosciuto; una stima parla di duecentomila persone tenute in dodici centri o più. Si pensa che nel Campo 22 ve ne siano cinquantamila.

Molti sono imprigionati a causa della sola relazione di parentela [con altri prigionieri politici] e sono considerati particolarmente pericolosi dal regime. Molti sono cristiani, una religione che Kim Jong-il crede sia una delle più grandi minacce al suo potere. Secondo il dittatore, non solo va arrestato il sospetto dissidente, ma anche i suoi familiari fino a tre generazioni, per sradicare il cattivo sangue ed il seme del dissenso.

Mentre la Corea del Nord tenta di guadagnare concessioni in cambio della riduzione del suo programma nucleare, [da parte nostra] si chiede che in qualsiasi tipo di accordo vengano tenuti in considerazione i diritti umani. Richard Spring, portavoce per gli affari esteri dei conservatori, sta facendo pressione alla Camera dei Comuni perché si discuta sui diritti umani nella Corea del Nord.

“La situazione è assolutamente terribile”, ha detto Spring. “E’ del tutto inaccettabile da tutte le regole della società civile. E’ ancora più urgente convincere la Corea del Nord a smettere di cercare di procurarsi armi di distruzioni di massa, non solo per la sicurezza della regione ma anche per il bene della sua popolazione”.

Mervyn Thomas, direttore di Christian Solidarity Worldwide, ha detto: “per troppo tempo queste orrende sofferenze del popolo nordcoreano, specialmente le persone detenute in campi di prigionia indicibilmente barbari, hanno incontrato solo il silenzio… E’ di importanza fondamentale che la comunità internazionale non continui a essere cieca verso queste atrocità, atrocità che dovrebbero pesare decisamente sulla coscienza mondiale”.

03 giugno 2011

Silenzio nucleare e acqua in bocca

I tradizionali media di comunicazione continuano ad ignorare sostanzialmente le questioni referendarie.
Isolati approfondimenti vengono presentati in orari di ascolto marginali e trattati in modo generalmente frettoloso e superficiale.
Sulle reti Mediaset questa strategia appare ancora più evidente.
La morte nucleare ha una caratteristica spaventosa: non colpisce come immediata conseguenza di un evento riconoscibile: uccide a lungo termine, magari con un tumore che si manifesta 25 anni dopo oppure con la malformazione di un bambino nato da una donna che ai tempi di Chernobyl era adolescente.
Le alterazioni del DNA determinate dalla radioattività si manifestano dopo un numero di anni così elevato da non permettere l’immediato collegamento tra la malattia ed un evento così lontano nel tempo.
Per questo ci sono voluti decenni, dal dopoguerra, perché l’umanità si rendesse conto della pericolosità insita nella scelta energetica nucleare.
I disastri nucleari più recenti hanno nomi e per gli elettori chiamati a votare i referendum sarà difficile dimenticarseli: Chernobyl e Fukushima.
Ma c’è anche un altro importante tema su cui gli Italiani sono chiamati a pronunciarsi: quello che si occupa di come deve essere gestito un bene naturale fondamentale per la vita: l’acqua.
Non intendo qui presentare riflessioni che sono ben diffuse sul web. Desidero invece pormi una domanda tremenda: stiamo vivendo in questi giorni la Chernobyl dell’acqua?
Attualmente non ho alcun elemento per dare concretezza a questo terribile sospetto.
Tuttavia provo a svolgere qualche riflessione, che mi auguro essere assolutamente infondata.

La diffusione dell’epidemia di una variante estremamente pericolosa di escherichia coli sta preoccupando in questi giorni l’opinione pubblica mondiale.
Sono abbastanza anziano da potermi ben ricordare gli episodi di contagio di colera di Napoli dell’estate del 1884. L’umanità si è ormai pressoché dimenticata del colera, morbo che nei secoli passati decimava intere popolazioni, riducendo significativamente gli abitanti delle grandi città. Allora mi colpì lo stretto legame tra i batteri coli-fecali, come il vibrione del colera, e l’acqua.
L’ escherichia coli è appunto un batterio coli-fecale.
Della relazione tra la distribuzione dell’acqua con i batteri colifecali dell’ escherichia coli si possono trovare numerose tracce in rete.
Qui un link che ne tratta.
Nel momento in cui scrivo la comunità medica mondiale brancola nel buio ed ancora non sa dare una risposta sull’origine dell’infezione che sta colpendo con singolare prevalenza una particolare zona al Nord della Germania.
Nella mia dichiarata ignoranza, immagino che se la contaminazione riguardasse un prodotto agricolo o un cibo, la diffusione dell’infezione dovrebbe risultare ben più estesa. Invece il problema appare caratterizzarsi come locale. Le persone che si sono ammalate avevano in comune, per quanto mi risulta, l’aver soggiornato in quell’area.
Ebbene… mi soffermo con preoccupazione a riflettere sull’ipotesi accademica che l’epidemia del ceppo variante di escherichia coli che ora occupa le cronache possa avere origine dalla distribuzione di una rete idrica.
E SE POI SI SCOPRE CHE È COSÌ… E CHE QUELLA RETE IDRICA È IN GESTIONE PRIVATA?