25 ottobre 2009

Non si torna indietro

La vecchia scuola non c'è più, quella nuova è ancora lontana: si torna all'istruzione come privilegio dei benestanti.

I problemi sono sostanzialmente due: la scuola di base e la scuola di formazione.

La prima ha cessato di esistere nella forma che conosciamo.

Un tempo la scuola di base forniva conoscenze (oggi si parla di competenze) che servivano per diventare cittadini consapevoli con una base di preparazione culturale che definirei "adeguata" cioé corrispondente al livello collettivamente considerato "soddisfacente". Ora quel livello è assunto come "minimo" e "sufficiente". Ci si aspetta cioé che la scuola di base insegni a leggere, scrivere e fare di conto. Il resto è definito "traguardo di apprendimento" e come tutti i traguardi non è detto che debba essere tagliato. Dunque è un "di più". La scuola di base non è più il luogo di crescita culturale che permette di avere qualche genere di affermazione sociale. Ora il progresso sociale si raggiunge con le opportunità offerte dalla famiglia: giochi istruttivi fin da piccoli, internet, genitori che orientano alla visione di buoni documentari, che portano alle mostre ed a visitare città e luoghi d'arte e di storia, viaggi all'estero, che offrono buone letture, teatro, iscrizioni a gruppi e club che producono cultura, scambi con coetanei, stage all'estero... Siamo tornati al "prima della scuola pubblica". Quando i signori potevano permettersi una formazione vincente per i loro figli. In una classe che mediamente non comprende comunicazioni semplici in lingua italiana... cosa si può fare di più?
Si può fare solo ed esclusivamente EDUCAZIONE cioé formazione umana e civile: per i contenuti ci si può accontentare.

Diversa è la questione per le superiori. La scelta è stata quella di ridurre le ore, le specializzazioni, i laboratori.
i paesi emergenti tengono invece a scuola i ragazzi dalla mattina alla sera e gli "fanno un [U10 'tanto" mantenendo una pesante selezione: chi non tiene il ritmo è fuori. Ed essere fuori significa per un ragazzo cinese, indiano, malese... rinunciare ad una vita migliore. Da noi tenere il ritmo significa seguire un percorso fatto di formazione superiore, università, specializzazione, master... precariato.

Da questa condizione si può uscire con un cambiamento politico e sociale epocale, che non valorizzi più il profitto ed il consumo, ma che inventi una nuova "economia sostenibile" fatta di servizi, non fondata sul consumo di risorse non rinnovabili (combustibili fossili, metalli ecc...). Invece qui si discute sulla ripresa fondata sul CONSUMO: esattamente la causa del disastro economico e sociale post-industriale. Rilanciare il consumo, alzare il PIL... mentre invece il pil va abbassato perché è necessario produrre benessere e non benavere e benconsumare.

La crisi della scuola è semplice specchio della crisi globale. La mia opinione personale è che bisogna raggiungere un punto di svolta che comporti una nuova consapevolezza culturale, economica e sociale. Invece si sta tentando di fare ripartire un motore che ha ormai concluso il suo ciclo storico. Fose ci vorranno 10 anni, forse venti... solo DOPO saremo pronti a inventare una nuova scuola.

Nel frattempo gli eroi partono per l'Africa.

... ma io sono un modello fuori produzione del secolo scorso.
Ho deciso di cambiare terreno e gioco.

La soluzione immediata di sopravvivenza per le famiglie è:
a) la scuola per socializzare
b) la famiglia per formarsi.

Un tempo la scuola forniva le opportunità di socializzazione e formazione in modo integrato.
Non è più così. Ci piaccia o no.

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