24 agosto 2005

IMPERMALOSITEVI !

Una società in cui lo stato

a)
concede agevolazioni fiscali e consistenti premi stipendiali agli anziani che continuano a lavorare persino oltre l'età pensionabile

b)
Inventa e promuove nuove forme di contratto di lavoro sminuzzato, flessibile, interinale (c'entra con i problemi intestinali?), saltellante, fantasiosamente formativo (quasi quasi ti faccio un piacere a lasciarti lavorare così ti fai un'esperienza... dovresti ringraziarmi e pagarmi tu!)

... insomma una società in cui si privilegia il lavoro dei nonni per tenere i figli nei parcheggi formativi a pagamento...

è, a mio modestissimo parere, una società che ha scelto di rinunciare alla speranza ed al domani.

L'ho già scritto: abbiamo perso la terza guerra mondiale (quella globale) ed andiamo aggiungendo un errore storico che pagheremo ancora per molti anni.
I giovani sono geneticamente portatori di innovazione, forza e motivazione.
Nella scuola e nella produzione si è deciso di fare a meno di questa risorsa.

Dove trovare motivi di conforto?
L'unica opportunità che vedo lontano consiste nel fatto che una politica di produzione culturale e materiale così distorta non ha grandi possibilità di sopravvivere a lungo.

Fino a quando i giovani accetteranno di restare seduti, zitti e fermi in attesa di un breve "spot" lavorativo sottopagato?

Francamente apprezzo chi alza la voce per dire che ha diritto di lavorare almeno come i vecchi babbioni che si sono costruiti una loro professionalità con pericolosi "fai da te".

Se non aumenta la pressione politica e sociale sui centri del potere, morirete asfissiati di vecchiezza prima di essere mai giunti a vivere la maturità di uomini e donne integrali: figli e mantenuti a paghetta o spot stipendiale intermittente, alla faccia della flessibilità.

IMPERMALOSITEVI!!!
[i nostri allievi si esprimo in modo più esplicito]

L'Italia non uscirà da questo intorpidente declino senza che la struttura delle classi di età al lavoro venga alterata.

Non dovete venire a rivendicarlo qui il vostro sacrosanto diritto al lavoro.
Fino a che i giovani non realizzeranno che è necessario sviluppare forza politica per imporre quella che è una necessità del sistema produttivo, staremo qui ad offenderci sul diploma e sulla laurea, sulla pratica e la grammatica, sull' "adesso tocca a me" e su "io non posso mollare".
Noi "vecchi" non si può mollare perché dobbiamo mantenere i figli che non lasciamo entrare.
È sano e ragionevole quello che accade?

Ragazzi, "impermalositevi" e prendete quello che è vostro.
Il futuro di questa Italia ve lo chiede.
Conviene anche a chi crede di tutelare le proprie inesistenti posizioni di privilegio.
Qui ci stiamo rovinando tutti: vecchi e giovani.
Volete morire supplenti e operai/impiegati a singhiozzo?
Non avete molto tempo. Gli anni passano anche per voi.
Per piacere: salvate i nonni.
Salvateci e salvatevi.

"Impermalositevi" per davvero nei comitati, sui media, in piazza, nelle urne.

23 agosto 2005

Semplice linguaggio di programmazione

Il "semplice linguaggio di programmazione" è un elemento centrale della questione tecnologica nella scuola secondaria di primo grado.
Su questo tema si gioca l'insostenibilità operativa dell'intero disegno riformatore in relazione alla cultura del saper fare nel nostro ordine di scuola.
Prima di arrivare a discutere di LOGO, VISUAL BASIC, JAVASCRITP, PASCAL... è bene partire dall'esame della situazione, dei bisogni, delle risorse e dei vincoli normativi.
Inutile dibattere se dobbiamo cucinare il cappone con un tipo di ripieno o con un altro, quando nessuno ci ha dato il cappone da cucinare e nemmeno abbiamo il forno.
Partiamo dunque dalle poche cose che sappiamo e che abbiamo.

Abbiamo 33 ore in prestito provvisorio.
Nessuno al MIUR si sogna di assegnarci informatica.
Ricordo che tutti i recenti tentativi per giungere a questo risultato, quando già erano formulati precisamente sotto forma di articoli di decreto, sono stati azzerati "colà dove si puote ciò che si vuole".
Informatica è disciplina trasversale.
Non esistono spazi autonomi per svilupparla nel quadro orario.
Le singole istituzioni scolastiche, nell'ambito della loro autonomia, possono prevedere un'offerta formativa che offra opportunità aggiuntive che non restano definite a livello nazionale. Questa è però un'altra storia.
33 ore in prestito provvisorio. Ficchiamocelo bene in testa.

Le 33 ore ci sono se si entra in classe la prima settimana di scuola.
L'esperienza mi ha insegnato che, fino a quando non si ottiene l'avvio di un orario pseudo-provvisorio, ci sono classi in cui non entro fino ad ottobre. Dunque un paio d'ore è facile che si dissolvano in questo modo. Siamo a 31.
Poi ci sono: festività, uscite didattiche (musei ecc..), partecipazione a progetti (cinema, teatro, planetario...), assemblea del personale, sciopero, assemblea sindacale, incontri collettivi in aula magna (i vigili urbani, i maestri del lavoro, i partigiani...), giochi della gioventù, corsa campestre, progetto piscina, festa della scuola... e un raffreddorino non vogliamo prevederlo?
Siccome non considero le 30 ore di formazione obbligatoria in servizio, che dovrei avere come rappresentante della sicurezza per i lavoratori, non considero possibili ore di contrattazione integrativa di istituto, non considero permessi sindacali cui ho diritto, non considero aggiornamenti in orario di servizio e quindi nemmeno partecipo ad ANIATISSIMA.... Facciamo un forfait molto ottimistico? Non voglio nemmeno dire quante ore restano.

Se italiano o matematica "perdono" qualche ora significa che subiscono una riduzione percentuale trascurabile del loro orario annuale. Se noi perdiamo qualche ora, rinunciamo ad una parte consistente delle nostre opportunità.

Andiamo avanti.
Al cambio dell'ora abbiamo il teletrasporto da una classe all'altra, oppure veniamo fermati lungo il corridoio dal preside, dal segretario, dal coordinatore, da un genitore... che muoiono se non risolvono un problema urgentissimo e vitale proprio in quel momento?
Si controllano le assenze? Si firmano le giustificazioni? Si ritirano i bigliettini di ricevuta delle circolari, debitamente firmati... verificando chi ancora deve riconsegnare la ricevuta? Si scrive l'argomento della lezione sul registro di classe e su quello personale? Si interroga qualcuno, ogni tanto? Si annota il risultato sul registro o siamo tutti Pico della Mirandola e ci portiamo a casa il registro per trascrivere quanto necessario?
Mettiamo che una classe ha la nostra ora in coincidenza con l'intervallo.
Quella classe, per questo solo fatto, perderà 1/6 del tempo scuola teoricamente disponibile.
L'anno scorso ho fatto un conticino che mi è parso decisamente ottimistico.
Mi sono rimaste 24 ore. A stare molto larghi.

Facciamo finta che nelle nostre classi non entri mai il bidello a consegnare qualcosa, che i nostri allievi restino sempre al posto in silenzio, non si facciano dispetti, non bisticcino....
In quelle poche ore dobbiamo:

1)
Riconoscere ed analizzare il settore produttivo di provenienza di oggetti presi in esame

Non studiare e comprendere materiali e processi. Non conoscere tecnologie e prodotti... ma per diretta scienza infusa "riconoscere ed analizzare".
Un tempo ci mettevamo settimane per esaurire argomenti come legno, carta, vetro, metalli, tessuti, materie plastiche, combustibili... Ora si dà già per acquisito tutto ciò. Chi lo ha insegnato, o per meglio dire... come lo hanno appreso i nostri allievi?
Ore totali: bastano 6 ore?

2)
Riconoscere, analizzare e descrivere oggetti, utensili, macchine, impianti, reti e assetti territoriali nelle loro procedure costruttive, nelle loro parti, nella loro contestualizzazione e in base alla loro sostenibilità/qualità sociale.

Alla rinfusa: ferro da stiro, macchina per cucire, phon, macchinetta caffè, trapano, saldatore, tornio, pressa, condizionatore, frigorifero, stufa, scaldabagno, radio, telefono, pannello solare, abitazione, città, strade, ferrovie, fognature, depuratori....
Ore totali: bastano 6 ore?

3)
Rappresentare graficamente un oggetto in modo intuitivo o con il supporto di mezzi tecnologici, applicando regole delle proiezioni ortogonali e forme elementari di assonometria

Limitiamoci alle squadrette e basta...
Ore totali: bastano 6 ore?

4)
Individuato un bisogno, realizzare il modello di un sistema operativo per soddisfarlo, seguendo la procedura: ideazione-progettazione - rappresentazione - realizzazione - collaudo - produzione - dismissione - riciclo.

A parte il fatto che tra la produzione e la dismissione sarebbe forse auspicabile che ci fosse anche l'impiego...
Ore totali: bastano 6 ore?

5)
Individuare e praticare esperienze di design, cucitura, tessitura e ricamo per scopi funzionali ed estetici.
Costruire bozzetti o modelli riferiti ad oggetti d'uso comune, dai vasi ai tessuti ai vestiti, utilizzando materiali elementari e di facile uso.
Esercitare attività di decorazione e grafica su modelli volumetrici.

Qui mi sono permesso di mettere insieme tre OSA che considero assimilabili.
Infatti, siccome non abbiamo un ***** da fare e non sappiamo come riempire le ore, possiamo dedicare qualche sforzo a portare via lavoro ai docenti di ARTE ED IMMAGINE (ex educazione artistica).
Ore totali: bastano 6 ore?
Fatto il conticino?
A me risulta che il tempo disponibile non basta nemmeno lontanamente per prenderci in giro e fingere di avere ottenuto, anche solo parzialmente, ciò che si vorrebbe da noi.
Non so cosa risulta a voi, care industriose colleghe ed intraprendenti colleghi.
A me risulta che sono andato a scuola per alcune ore oltre il mio orario di servizio.

A questo punto possiamo iniziare a pensare al "semplice linguaggio di programmazione".

Ipotizziamo che tutti i componenti del mio consiglio di classe si voltino verso di me e mi dicano: "informatica la fai tu perché sei l'unico in grado di farla".
Ipotizziamo che io sia tanto cretino da rimanere ammutolito, in modo che il segretario possa verbalizzare che informatica viene svolta nelle ore di TECNOLOGIA.
Ipotizziamo pure che Totò, qualora fosse presente, potrebbe legittimamente dichiarare:
«Lei è un cretino! Si informi! Chieda in giro!»

A questo punto, mi domando e dico...
Il "semplice linguaggio di programmazione"
GLIELO IMPARO, come dicono alcuni.. perché LO INSEGNO non si può più dire:
non si insegna più nulla, sono gli allievi che imparano!

Dunque "GLIELO IMPARO" portando le innocenti creature che il MIUR mi ha affidato a casa mia?

In quali ore... che già sono in spaventoso "debito orario? "

Mancando persino anche la sola speranza di avere tempo...
Andiamo in laboratorio informatico.
Un computer non si accende, a qualcuno non va il mouse, quell'altro il software...
OK? Pronti?

LOGO !
=======

Non vedo alternative.
Ci vuole un linguaggio immediato, elementare, intuitivo...
Va benissimo alle elementari ed andrà ancor meglio a me che non ho tempo da perdere.
Ci faccio dei disegnini sullo schermo così i miei innocenti bimbini mi guarderanno colmi di stupore e penseranno legittimamente che sono un cretino.
Rimarranno talmente esterrefatti che nessuno oserà chiedermi "A COSA SERVE?".
Sarebbe stato bello occuparsi di programmazione come opportunità formativa autentica.
Non c'è tempo. Peccato.
Meglio il LOGO.

Questo è ancora nulla!
Rimane la questione morale.
In classe terza l'OSA corrispondente diventerà:

«Utilizzare un semplice linguaggio di programmazione per risolvere problemi concreti o attinenti le altre discipline (organizzazione di una bibliografia ecc.). »
NON usare un programma database o foglio di calcolo... NO!
S C R I V E R L O !!!
«Utilizzare in modo approfondito ed estensivo i programmi applicativi per la gestione»
rimane un OSA a parte, dichiarato subito dopo dalle indicazioni per la classe terza.

Mi ricordo che negli Anni Ottanta usavamo in classe i vecchi ZX per trovare l'ipotenusa, dati i cateti... si faceva con il BASIC. Allora i nostri allievi riuscivano ancora a stupirsi vedendo che "si può scrivere nello schermo".
Fino ad allora lo schermo era il televisore: dovevi subire quello che ci mettevano.
I nostri ragazzi non erano ancora abituati ad usare monitor "in cui" poter mettere quello che si vuole.
I tempi sono cambiati e temo che al MIUR non se ne siano accorti, come dimostra la faccenda dell'economia domestica.

Dunque in terza "DOVREMO" scrivere un programmino per risolvere problemi concreti o attinenti le altre discipline.
Ecco dove sorge la questione morale.
A me, come professionista, il mio datore di lavoro può chiedere anche cose inutili, stupide e perfino didatticamente dannose.
Il problema è: LO FARÒ ?
Non accetto che si dica che a me non compete stabilire se qualcosa è giusto o sbagliato... che devo obbedire e basta.

Io mi ritengo in primo luogo un educatore.
Se mi dicono di insegnare che la teoria evoluzionistica è infondata e che Dio creò scimmie, giraffe e tutto il resto... come accade ora in qualche scuola negli Stati Uniti... ho qualcosa da dire.
Sono cristiano e praticante. Rivendico però la mia dignità professionale.

Se vogliono il "semplice linguaggio di programmazione" lo avranno: un pizzico di LOGO, tanto per gradire.
Di più non posso.

Se vogliono che GLIELO IMPARI a scrivere programmi "per risolvere problemi concreti o attinenti le altre discipline" qualcosa cambia.

Già c'erano stati quelli che «IO AFERE SOLO OPPETITO ORDINI !!»
Io non sono di quelli.
Rivendico la mia responsabilità morale di professionista.
Se sono un dottore ed il primario mi impone di praticare ingiustificati salassi ai pazienti... farò loro una puntura sul polpastrello.
Sono pronto a pagare di persona.
Nessuno può contare su di me per immiserire valori formativi, cultura, la scuola italiana.
Conclusione: LOGO
Giusto una punturina sul polpastrello.
Per altre questioni mi sento di rispondere come quelli che a suo tempo hanno saputo dire
SIGNORNÒ

PENSIAMOCI ANCORA UN POCO:

Secondo me è molto difficile pensare a contributi che non tengano conto della situazione concreta.
A me sembra che sia un po' come progettare vacanze ai Caraibi con 50 euro in tasca.
Comunque sognare non costa nulla e dunque proviamo ad ipotizzare cosa potremmo fare se
1) ci viene assegnato uno specifico ambito didattico (informatica)
2) ci vengono assegnate i corrispondenti spazi di orario di cattedra

L'idea (per dire così) di realizzare una formazione ed un'educazione rivolta alla forma e non alla sostanza, all'apparenza pubblicitaria e non al risultato mi ripugna.
Non è della scuola secondaria che mi preoccupo: è della mia Italia e del sangue, del cuore, del cervello e delle braccia dei miei figli e dei miei nipoti.
Negare non dico l'opportunità ma, affermo, il diritto all'educazione operativa e tecnologica significa violare un diritto naturale. La so perfettamente che sei sulla medesima posizione, ma desidero sottolinearlo.
Ho trovato pochi giorni fa in rete "il manifesto dei diritti naturali di bimbi e bimbe".
http://www.scuolacreativa.it/diritti.html
Al punto 5:
IL DIRITTO ALL'USO DELLE MANI
a piantare chiodi, segare e raspare legni, scartavetrare, incollare,
plasmare la creta, legare corde, accendere un fuoco

Allora non siamo i soli a pensare che per diventare uomini e donne integrali bisogna dare pienezza a tutte le potenzialità culturali, operative comprese, dal bambino più piccolo in sù!

Credo che tutti i colleghi e le colleghe possano capire che cosa ha perso la scuola (non noi, dato che ci metteranno comunque a fare qualcosa da qualche parte). Lo sanno benissimo anche quelli che l'hanno tolto.
Si tratta di una "razionalizzazione" che si illude di sopravvivere alla globalizzazione con una scelta suicida: a noi la progettazione, ai cinesi (ai poveri) la produzione. Invece, purtroppo non è più così, perché i poveri sono magri e mal nutriti ma non sono deficienti e la Cina, da sola, sforma 3 milioni di ingegneri all'anno.
Qui, quasi accanto a casa mia, a Lumezzane, si facevano posate per tutto il mondo.
Ora si rigirano in mano la forchetta cinese: la osservano con gli occhi sgranati e si domandano come hanno fatto a farla MEGLIO di loro!

Mi sembra di stare legato a vedere che le ruspe demoliscono la mia casa con la pretesa di renderla più snella... e mettermi a progettare cosa posso piantare in giardino (senza semi e tra i detriti).

Comunque proviamo pure a parlare di "un semplice linguaggio di programmazione".

Quando ho scritto che la mia scelta è il LOGO perché è la sola soluzione che ritengo praticabile nelle disperate condizioni delle risorse orarie di cui dispongo, non scherzavo.
Diversa è la questione se entrano in gioco ore di attività laboratoriale. Ma questa è un'altra storia.

20 agosto 2005

Avanti, che non c'è posto!

Il ministro va in giro illudendo precari e sissini con la considerazione che tra pochissimi anni i "vecchi lupi" andranno in pensione.
Come dire: "state buoni che vedrete che adesso vi si fa posto!".
Purtroppo non ci si rende conto che ben pochi, tra i docenti cinquantenni hanno la possibilità di raggiungere nei prossimi anni i requisiti per il pensionamento.
La carriera è stata, per quasi tutti, un lungo e tortuoso percorso fatto di supplenze temporanee. Il problema si riproporrà con ancora maggiore vigore nel futuro.
Mettere insieme i 35 anni di lavoro è una bella sfida per docenti che ottengono l'incarico a tempo indeterminato quando ormai sono quarantenni.
Inoltre la soglia dell'età è stata alzata al punto tale che, quando molti raggiungeranno i sessant'anni, ci vorranno ancora altri anni perché la riforma è a scalare verso i 65.

In questo modo le università si rimpinguano le casse con corsi che dovrebbero dare una formazione di elevato livello professionale.

INVECE COSA SUCCEDE ?

1)
I giovani leoni si fanno il culo a campana studiando sodo e lavorando gratuitamente per centinaia di ore sotto forma di un fantasma, di un'illusione ottico-didattica che assomiglia ad un tirocinio.

2)
Le giovani leve, pagando salato in termini di risorse finanziarie, pazienza, stress, impegno, lacrime, sangue e giorni della loro vita, si costruisco un solido patrimonio di competenze che i loro docenti (senza reale esperienza della scuola) spacciano per fondante e vitale.

3)
Alla fine del percorso questi speranzosi aspiranti, a cui va tutto la mia sincera ma inutile solidarietà, rivendicano legittimamente il "posto al sole" per cui hanno lottato con tanti sacrifici. Siccome si ritrovano costantemente fuori dall'uscio... Si chiedono: cosa ho che non va? ho studiato, sono pronto, motivato, preparato! Da dietro il vetro vedono noi e si dicono: cacchio! Questi qui in cinque anni hanno preso un diploma che ha dato loro un lavoro, mentre ho trentotto (DICASI TRENTOTTO) anni e sono ancora a prendere al paghetta dalla mamma? Normale che si incazzino. In realtà non ce l'hanno con noi che ci siamo fatti su da soli di fango, lacrime, esperienze ed aggiornamenti quotidiani. Il succo della questione è "come è che questi ancora non se ne vanno?".

4)
Miei innocenti e giovani colleghi... ve lo spiego io perché non andiamo, né quest'anno e nemmeno tra cinque anni! Perché avendo studiato pochino, non abbiamo una laurea che costituisca titolo e che potesse essere riscattata. Fate poi conto che la nostra bella quota di precariato ce la siamo goduta a colpi di supplenze di dieci giorni e due settimane... ben intervallate da pause di riposo. Così i nostri primi anni nella scuola (io ho iniziato nel lontano '72), attaccati insieme, fanno qualche mese. Conclusione: i trentacinque anni di servizio, noi vecchi babbioni, li vediamo col binocolo.

5)
Quando vi faremo posto? Presto fatto il conto: quando avremo sessant?anni potremo andare in pensione. Purtroppo però, quando avremo sessant?anni non basteranno più sessant'anni... perché la riforma è a scalare: avete presente la carota? Quando avremo sessant?anni ci vorranno sessantuno o sessantadue anni. Capito come funziona? Funziona che l'80% degli insegnanti di Educazione Tecnica, solo diplomati in possesso della vecchia abilitazione, potranno gioiosamente lasciarvi il posto a partire... facciamo dal 2012 o giù di lì?

6)
Inutile che ci amareggiamo per stabilire se vale più la pratica o la grammatica.
Qui si mette implicitamente in soprannumero una percentuale enorme di docenti che nemmeno sono "incaricati a tempo indeterminato", ma addirittura di quelli che nel cassetto hanno un foglio dove un altro ministro aveva scritto "di ruolo".

7)
Continuiamo a fare sentire forte la nostra voce perché la vostra lotta è la nostra lotta.
Insieme vogliamo una scuola che permetta all'Italia di sopravvivere e rinascere dopo questa terza guerra mondiale (globale) che abbiamo già perso.

Cosa volete che "CI" diciamo?
Non resta altro che scrivere la parola CORAGGIO.